venerdì 8 aprile 2011

economia del dono

Ultimi giorni a Marsabit. Sta volta per davvero.
Ieri è partita la tiritera dei saluti, delle visite, dei doni, delle promesse, dei "spero di tornare presto"...
Sono stata a casa di una vecchia amica con cui non condivido nessuna lingua ma con cui ci si capisce in modo diverso.
Sono andata a casa a sua e sono arrivata appena in tempo per impedirle di ammazzare un pollo per cucinarmi pranzo. Non sono riuscita ad evitare però i doni e i ringraziamenti. Per cosa poi, non ho fatto niente, qualche anno fa le ho mandato una foto a ricordare le risate insieme (era il periodo in cui l'imitazione full optional del camel era il mio forte). Ed ora mi sono ritrovata a condividere le sue difficoltà, ad ascoltare la sua richiesta di aiuto e a rifletterci su. La mia amica ha 4 o 5 figli, è sola con la madre e uno dei suoi bambini soffre di un grave handicap. Vive in una piccola casa di muratura e grazie al progetto Shelter della parrocchia (quello delle donne che confezionano le collane che poi vendiamo ad Alba) riesce con molto orgoglio a far studiare i suoi figli.
Però ora c'è da pensare a suo figlio, c'è da trovare un posto in cui possa essere curato e accudito a dovere. Da sola lei non ce la fa più.
C'è da dire che non è sola, la parrocchia le è di sostegno e anche le vicine e le amiche del "quartiere".
Comunque mi sto chiedendo come potrò mai essere un'amica, come lei dice, speciale?
Non lo so, il discorso dell'aiuto economico è scontato, ma potrò andare oltre? Non essere solo parte di un rapporto di scambio... l'economia del dono mi ha investita di un dovere, quello di rispondere all'offerta di amicizia fatta, confermata e riconfermata più volte dallo scambio di piccoli doni, di vistite e di abbracci. Ora sono io a dover ricambiare perchè ho ricevuto abbondanti pensieri per me e per la mia famiglia. Ma come fare? Come fare per non essere solo un "bancomat"?
Non che lei mi veda così, non ho dubbi sulla sua buona fede. Ma non ho nemmeno dubbi sul fatto di essere entrata in un rapporto antropologicamente parlando basato sul "dono", sullo scambio più o meno consapevole di cose, di oggetti e di "pensieri" che mantengono in vita il rapporto. E non è un caso che la nostra amicizia sia ripartita in quarta quando sono andata a trovare lei all'ospedale con un piccolo pensiero.
Ma allora questa amicizia si stopperà fino a quando io non tornerò qui o riusciremo a mantenerla viva, mandandoci lettere e pensieri da lontano?
Ecco su cosa riflettevo in questi giorni.
Avevo lasciato l'economia del dono nei libri di un esame di antropologia economica ed ora, mi è piombata addosso forte, bella e ambigua.

domenica 3 aprile 2011

Scoperte letterarie in salsa missionaria!

Non sono mai stata un'appassionata di gialli. Ho sempre snobbato con sufficienza le storie di omicidi e di investigatori.
Ho letto il mio primo giallo qui a Marsabit.
Dopo cena non c'è molto da fare, anche nelle prime ore del pomeriggio in realtà, e da brava nottambula ho dovuto abituarmi a mettermi a dormire in orari che nemmeno nel 1987 mi capitava di frequentare. Credo di poter contare sulle dita delle mie mani le volte in cui mi sono addormentata prima delle 22... fino a quando non sono approdata qui, dove con il buoi si va a letto e con l'alba si ritorna attivi. Mi sono abituata piano piano e sto anche apprezzando il fatto di svegliarmi alle 6.30 (mezzora prima della sveglia) riposata. Però, prima di dormire ho necessità di leggere. E' sempre stato così.
Ho finito i tre romanzi che, provvidenzialmente, Tozzi e Matteo mi hanno regalato prima della partenza. Poi ho letto quelli trovati in casa di Patrizia. Poi ho dato fondo a Novecento di Baricco, affettuosamente venuto in trasferta con me. Era ancora febbraio quando l'ho divorato in due serate.
E poi?
Ho attaccato la Bibbia. L'ho attaccata con la determinazione di uno studente di teologia, seguendo i consigli di una breve guida della mia Bibbia nuova di pacca... Così ho piano piano ripassato ( o scoperto??) la storia del popolo di Israele.
Non voglio peccare di presunzione, non l'ho letta tutta... a pezzi qua e là ho scoperto capitoli e aneddoti a me ignoti.
E poi sono entrata nella libreria/archivio della parrocchia per cercare documenti utili alla mia ricerca... e ho trovato un tesoro (per me che sento la mancanza fisica dei miei libri) fatto di un buon numero di volumi in italiano, oltre a quelli in inglese e swahili.
Tra un trattato di teologia, un atlante decrepito e un libro dedicato al Palio degli asini di Alba, ho scovato un romanzo, la raccolta "In viaggio col delitto" di Agatha Christie.
Non nego la mia delusione. Il giallo è l'unico genere che non mi entusiasma, proprio Poirot doveva essere l'unico romanzo trovato?
Ma non ho fatto la schizzinosa. L'ho iniziato e, meraviglia! Ho finito le 500 e oltre pagine in meno di una settimana. Tre racconti bellissimi e intelligenti.
Fu così che Erikà scoprì Agatha Christie a Marsabit....
Mi sono ripromessa di fare mia la bibliografia completa dell'autrice inglese (che tra l'altro ha una biografia degna di uno dei suoi personaggi).

Finito il mio primo giallo mi sono di nuovo ritrovata a digiuno. Che fare?
Sono tornata nella biblioteca, decisa a tentare qualsiasi cosa pur di non mettermi a leggere trattati religiosi in inglese.
La mia paziente ricerca è stata premiata a dovere. Due, dico due, romanzi! Una manna!

Il primo è "Il vicolo del mortaio" di Nagib Mahfuz, interessante affresco di un vicolo popolare de Il Cairo. Letteratura araba, musica per le mie orecchie! Divorato!

L'altro libro è di tutt'altro genere, non l'ho ancora finito. Ho iniziato a leggere le prime pagine con un po' di timore e diffidenza come mi capita spesso con i bestsellers. Il libro è famoso, si tratta de "La città della gioia" di Dominique La Pierre. Che dire?
Leggelo, per ora non sono pronta per una recensione.

Mi sento di consigliare anche uno dei romanzi che Patrizia mi ha imprestato, si tratta de "La casa della moschea" di Kader Abdolah. Splendido, se siete appassionati di letteratura araba o di Medio Oriente in generale, non deve assolutamente mancare nelle vostre librerie!

sabato 2 aprile 2011

e poi...


Se penso ai due mesi passati, non mi sembra vero.
Il volo, il distacco e poi le prime paure da affrontare. Il caldo, la polvere, gli incontri. Le difficoltà, quelle superate e quelle senza soluzione.
Dopo il ritorno da Maikona, lunedì, il mio cervello è un po' entrato in stand by... spento. In vacanza insomma... e infatti, mi sono subito presa una mezza influenza e così mi sono anche concessa una giornata a letto (Sist. Anna Maria me l'ha concessa, anzi, imposta). Così mi godo questi ultimi giorni a Marsabit in quasi totale relax... girando sul rotondo come sempre... tra libri, internet e gli operai che stanno facendo i lavori qui in parrocchia.
A volte la noia prende il sopravvento, ma mi godo pure quella perché i tempi in Italia saranno altri e quindi faccio il pieno di "dolce far niente" per i tempi futuri.
Per ora il problema p che non ci sta tutto nelle valige...
Comunque venerdì prossimo lascio Marsabit per passare una settimana a Nairobi...

e poi si torna a casa...

martedì 29 marzo 2011

L'altro

A Maikona domenica pomeriggio il caldo aveva addormentato tutti. Dopo pranzo ci si ritira per riprendere le forze e, per quanto possibile, anche un po' di fiato cercado un po' di fresco nelle stanze.
Sto in camera mia per un'ora, poi esco. Non si smette di sudare a Maikona. L'aria immobile anche se il vento soffia, il sole è abbacinante nel cortile.
Ho caldo e non so che fare... bella combinazione, no? Comunque mi avvio verso la sala da pranzo sperando che il frigorifero sia acceso. Vi trovo Teso (la ragazze delle pulizie) intenta a guardare in modo strano la cucina. E davanti ai fornelli c'è Anna, la mamma di Fr Chris, intenta spadellare crepes!! Mi guarda, ride e mi allunga un piatto. Crepes alla marmenlla di albicocche! A Maikona! Devo dire che stato un dei momenti pù belli vissuti qui. Un po' perchè, diciamoci la verità, la cucina rumena in versione deserto non riuscivo proprio a gustarla, e poi perchè, insomma, trovare una mamma che cucina e ti dà la merenda è sempre una bella cosa! Meno male che Dio ha inventato le mamme!
Comunque mi gusto la crepes, buonissima! E gustandola ringrazio con il cuore per questo momento. Per questa persona trovata qui inaspettamente.
Forse non ci rendiamo conto di quanto abbiamo bisogno degli altri. Non intendo dire in senso retorico, ne intendo fare la strappa lacrime. Però mi accorgo ogni giorno che il primo bisogno che abbiamo è quello dell'altro.
E l'altro è Anna che cucina crepes perchè è domenica, è Antony che anche se con i soldi che gli do si compra mirà, alla fine mi trova un lorry per Marsabit. E' Anna Chirry che viene a piedi in parrocchia dalla sua manyatta per incotrarmi. E' Fr Fred che tenta di tranquillizzarmi ridendo e che poi mi accoglie in parrocchia, sempre ridendo. L'altro di cui ho bisogno, qui a Marsabit,è Isahia che si preoccupa e che mi dice di chiamarlo se avessi bisogno, è Sister Anna Maria che mi regala i limoni e mi intima di mangiare... potrei andare avanti così per un po'. Alla fine ho scoperto di non essere sola, ma di far parte della famiglia umana e di godere di esserne parte con altri.
Forse è per questo che rimango tanto delusa quando gli altri non rispecchiano l'idea che avevo di loro. E così mi sono un po' arrabbiata, un po' scocciata... perchè in quetso mondo di cui sono una silenziosa visitatrice, avevo bisogno di alcuni altri senza però trovarli... trovandone però molti diversamente!
Sono "scappata" da Maikona in fretta ieri pomeriggio. Un paradosso no? Aspettare tanto per starci così poco. (Un paradosso ancora pià grande per la mia ricerca... ma questo è un altro discorso...)
Però, memore dell'attesa, sono salita sul primo lorry che ho trovato e sono tornata a Marsabit. Tanta fretta perchè sta sera devo incotrare Don Renino, che tanto mi aiuta nella ricerca e tanto dimostra di avermi capita fin dall'inizio, dal prima volta in cui mi ha apostrata ridendo "Gli antropologi hanno le loro teorie e di lì non si smuovono...". E poi mi ha telefonato per accertarsi di riuscire a salutarmi, mica potevo deluderlo.

martedì 22 marzo 2011

si mbaya

Giorni di cambiamento e di relax allo stesso tempo.
Cambiamento perchè Patrizia è partita domenica mattina destinazione Nairobi e sta notte ha il volo per l'Italia. Ci ri-incotreremo a Nairobi due giorni prima il mio volo di ritorno a casa...
Così ho fatto trasloco in parrocchia, sarò ospite dei fathers... bello eh?
Ho già cambiato stanza (dopo solo una notte) visto che nella casa degli ospiti verranno ospitati i catechisti e Fr Fred ha commentato la cosa con un lapidario "troppi uomini per una donna..." e così sono stata dirottata nella stanza difianco alla cucina, ma almeno la porta ha una chiave...
Odio cambiare camera da letto ogni sera... dovermi abituare a rumori diversi, alla posizione del letto, agli odori, alla zanzariera... vabbè, comunque sono diventata cintura nera dell' adeguamento rapido...
In ogni caso domani vado a Maikona, Fr Eugene passa di qua e così posso viaggiare sicura con lui in macchina... la prima opzione era un fantastico lorry nel tardo pomeriggio, visto che il passaggio che avevo trovato con una macchina della diocesi mi ha tirato pacco...
Stare qui in parrocchia non è male, l'unico problema è che sono tentata di fare nulla tutto il giorno o di girare dietro a Isahia tra mercato e orto, dimenticandomi della ricerca...
Però nella libreria della parrocchia ho scovato un piccolo tesoro. Alcuni appunti mano scritti di Don Tablino... Chiaro che ho passato due ore a scartabellarli.
Ora devo trovare il modo di sviluppare alucni vecchi rullini con didascalie mitologici: Maikona 1976; Marsabit Giochi della Gioventù 1972... Not bad!

Le ultime due settimane sono state un po' di passaggio, lo svincolo tra il "sono appena arrivata" e il "tra un po' torno a casa".
Ma non è ancora il momento di verifiche e bilanci.

C'è una cosa di cui però sono molto felice e per cui mi sento molto fortunata: l'incontro con altri è particolarmente intenso. La possibilità di incontrare persone interessanti è davvero una grande cose. Arricchente e stimolante. E qui mi succede spesso, quasi ogni giorno. E ogni giorno scopro qualcosa di nuovo per me, anche senza interessare la ricerca, qualcosa di nuovo che mi dà una luce nuova sulle cose vecchie...

Questo post è abbasta inutile... solo che questa connessione wire less in parrocchia mi gasa un casino...

P.S: seguo preoccupata le notizie dalla Libia... preoccupata non per me, piuttosto per NOI in Italia. Isahia mi ha detto di tanquillizzare tutti, "Marsabit è così lontana dalla Libia, ora..."

mercoledì 16 marzo 2011

dall'altra parte del mondo

Dunque, questo post segue la scia di quello che ho pubblicato ieri.
Le cose non avvengono per caso.
Non andrò nei dettagli, solamente mi ha fatto molto riflettere come, dopo aver scritto la fiera di banalità, ieri arraivata a casa la stessa riflessione mi si è presentata, in modo diverso.
In occidente continuiamo a pensare alla povertà con i nostri vecchi schemi. Tu sei povero perchè non hai cibo, non hai vestiti, non hai acqua, non hai una casa... non hai denaro.
Questa visione stereotipata del povero si addice bene al nostro comportamento con il povero e, soprattutto con il "diverso". Lo schema è molto semplice: sei povero/diverso, io ti aiuto, faccio un'offerta, ti mando i soldi (tanto sono quelli a mancare, no?), basta che non porti la povertà/differenza in casa mia.
Perchè?
Paura? Ignoranza? Ipocrisia?
Non ho questa risposta.

Però quando si è dall'altra parte, anche per poco tempo, ci si rende conto che la povertà non è solo questione di soldi.
Si può essere sazi di cibo, di vestiti, di casa... ma poveri di libertà.
Libertà di studiare, di spostarsi, di parlare, di partecipare liberamente al progresso e alla globalizzazione del mondo.

Ci si rende conto di questa povertà solo quando si prova ad esercitarla, la libertà, e ci si scontra con il dato di fatto di non appartenere alla parte al sole del mondo. Di non essere occidentali.

Segnalo un blog, interessantissimo, di un giovane reporter... e qui devo ringraziare Enrico di avermi regalato il suo libro "Mamadou va a morire" e di avermelo fatto scoprire.

http://fortresseurope.blogspot.com/

martedì 15 marzo 2011

Mzungu habari?

Qui a Marsabit si aspettano le piogge. O anche solo una pioggia.
Secondo alcuni dovrebbero iniziare oggi, secondo altri alla fine del mese. Vedremo.
Intanto il clima è cambiato, sembra incredibile ma ieri mattina Milano ci faceva un baffo. La nebbia è spessa, umida, scende bassa e copre tutto. A lei va aggiunto il vento costante e la terra rossa che si appiccica, umidiccia, dappertutto. Insomma camminare per strada a Marsabit non è così semplice come farlo sul lungo mare di Loano. Ma dopo un po' ci si abitua.
C'è una cosa a cui, però, faccio fatica ad abituarmi, posso sintetizzarlo con “il colore della mia pelle”. Ok, forse sono gli altri che non si abituano, ma provo a spiegarmi meglio.
Sta storia che in Africa si vogliono tutti bene, che l'accoglienza è enorme e che tutti si salutano per strada è una favola inventata di sana pianta.
Se sei nero in mezzo a neri, nessuno ti saluta se non ti conosce.
Se sei bianco in mezzo a neri, però, tutti (o quasi) ti salutano. I bambini invece non ti salutano: inneggiano a te. Se poi questo inneggiare sia simpatico e affettuoso, o solamente una presa in giro non l'ho ancora capito.
La scena è questa. Erika, in versione Fantozzi contro tutti, tenta di mantenere l'equilibrio sullo stradone che porta in town combattendo una lotta silenziosa contro il vento e la sabbia alzata dalle macchine e dai lorry di passaggio. Da lontano un gruppo di bambini si accorge di lei: bianca, bionda, con i pantaloni e un andamento imbarazzante. E inizia il carosello: MZUNGU HABARI? HOW ARE YOU? MZUNGU HABARI, SISTERRRRRRRR, SISTAAAAAAAA... urlato allo sfinimento fino a quando io sono a portata di vista. Rispondere in inglese e in swaili è inutile, anche Perché alcuni si fanno domanda e si danno risposta da soli: MZUNGUHOWARETOUFINE...
Al di là del fatto che ci sono volte in cui vorrei solo farli stare zitti tutti e fargli presente che non sono la prima mzungu che passa a Marsabit e che chiedermi come sto mentre sto facendo una fatica boia è da maleducati, mi chiedo poi cosa rappresenti la mia persona agli occhi di questi bambini. E anche agli occhi degli adulti che mi salutano ridendo o che dicono ai figli di salutarmi (SEMA MZUNGU HABARI...)
Non so ho alcune ipotesi, ma è difficile capire a fondo questo rapporto mzungu- mwafrika...
Dunque, potrei rappresentare il benessere. La mia pelle parla chiaro, arrivo dalla parte ricca del mondo. Anche i miei vestiti parlano chiaro, le mie scarpe e la mia borsa. La mia macchina fotografica (anche se quasi mai è esposta...) poi parla chiarissimo. (Alcuni bambini chiedono dei soldi... “dammi i soldi”, rispondo in swahili: “akuna pesa...” (nessun soldo) e se ne vanno delusi). Rappresento un benessere che non possiedo e, di conseguenza, un rapporto di dipendenza e un modo di rapportarsi all'altro (richiesta - “elemosina”) che non mi va di rappresentare.
Sicuramente rappresento la Chiesa. Infatti mi chiamano Sister, come chiamano tutte le suore e tutte le bianche. Ho scoperto che i bambini chiamano mzungu anche le sisters di colore... questo è significativo dell'identificazione tra l'essere bianco e il mondo missionario. Sono poi una donna adulta (ben oltre l'età da marito) fuori casa da sola, non posso che essere una suora, no? Peccato che io non sono una suora e nemmeno lo diventerò...
E, infine, sono l'incarnazione della diversità, del diverso in quanto tale. La stessa parola mzungu è indicativa. Indica il bianco, ma prima ancora indica un qualcosa di alieno, di diverso e non sempre l'accezione è positiva. Per questo mi infastidiscono gli adulti e non i bambini. I bambini mi guardano solo con stupore, uno stupore innocente e basta. Gli adulti che mi guardano, che parlano di me tra di loro in borana fissandomi, che mi osservano manco fossi un alieno appunto, a questi vorrei proprio rispondere per le rime a volte.
Portare tutti questi significati scritti addosso non sempre è facile. Forse i primi tempi mi pesava di meno. Ora che ho preso un po' di confidenza con le cose, con i tempi e i modi, io per prima sento meno la differenza, anzi a volte non la sento proprio. Le urla dei bambini per strada mi ricordano questa pelle bianca che tante cose ha tatuate su di sé in quanto tale e mi infastidisce perché vorrei solo essere me stessa, senza nessun colore addosso. Il problema è che non posso non essere bianca, fuori e anche dentro, a volte.
Forse questo post potrà partecipare alla sagra delle banalità, però è forte a volte l'impatto di certe banalità, quando si è fuori casa. Questo giro lungo che l'antropologia costringe a compiere è forse una delle cose della cui utilità ed essenzialità per la nostra vita mi sono resa conto in questo tempo. Un giro lungo, in mezzo al diverso che ti richiede di spogliarti del tuo essere, delle tue abitudini, dei tuoi modi di fare per accedere ad altri, lontani e incomprensibili, e, solo dopo, per capire i tuoi.

domenica 13 marzo 2011

Ciao stella!!
Ti scrivo per dirti ancora buon compleanno (beh, visto che te li ho giá fatti per tempo, questo ritardo vale)!!!!!!
E quando torni ho intenzione di festeggiarlo come si deve, insieme al mio naturalmente.

E anche se sei lí e io qui sei sempre la mia compagna di viaggio preferita.

Buona notte e sogni d'oro (porta un po' del cielo keniota anche da noi! Non posso parlare per esperienza, ma penso che il cielo stellato nel deserto sia qualcosa che, visto una volta, ti porti dentro per sempre. verrá anche il mio turno... magari insieme!!)
notte davvero questa volta
livia

venerdì 4 marzo 2011

badha huri


Quella che doveva essere una breve gita a Badha Huri, giusto andiamo dormiamo e torniamo, è durata tre giorni.
Un po' a me era sfuggito qualcosa, un po' parlano tra di loro solo in borana e swaili e resto sempre all'oscuro di tutto, un po' l'imprevisto che non manca mai.
E così martedì partiamo già in super ritardo sulla tabella di marcia, io, Darare, Sis. Kelvin, Chuculiza, l'autista (ve lo racconto poi che tipo!) e la solita banda di infiltrati che riempe sempre ogni macchina che viaggia in queste zone. Destinazione Badha Huri (una zona collinare, Huri Hills appunto, oltre Maikona ad una cinquatina di km dal confine etiope) per un work shop con il nascente gruppo femminile della parrocchia.
A Maikona arriviamo che è quasi buio e così passiamo la notte lì, a casa di Darare, la quale estrae tre materassi e li piazza davanti a casa (mi sfugge ancora di chi sia poi sta casa) e su quei tre materassi mangiamo cena e ci passiamo la notte... devo dire che lo spettacolo delle stelle a Maikona è indescrivibile. Roba che pure a Balz se la sognano... e sotto queste stelle e accarezzati dal vento costante si dorme benissimo.
All'alba ripartiamo, lentamente ci lasciamo alle spalle il deserto di pietre e iniziamo a salire su colline ricoperte di erba secca, punteggiate di grandi alberi e di pietre scure. Un paesaggio bibblico direi. Con un vento fortissimo e costante che spazzola tutto. Il villaggio è povero, le case sono paglia o di fango (credo). Ma ci sono in giro un'infinità di bambini.
Una larga distesa d'erba di fa spazio tra i cucuzzoli delle colline, in lontananza si vedono già le cime etiopi. E infatti si vedono donne vestite con stoffe diverse e ci viene offerto injera... buona buona!
Per il resto i due giorni che passiamo lì sono lentissimi. Il work shop è tenuto in borana e quindi non capisco niente, faccio giusto due interviste e basta. Quindi penso, mi riparo dal vento, cambio posizione, leggo, provo a seguire le discussioni in borana, provo a parlare con l'autista che non ho ancora capito che lingua parli... cerco di usare le latrine il meno possibile (sto sperimentando tecniche sempre più avanzate per il controllo della mia vescica), tento invano di schivare il chai o il the nero che mi offrono dopo che ho detto che il latte mi fa stare male..
Diciamo che l'attesa è la dimensione che più spesso mi capita di sperimentare. Lunghe attese fatte di silenzio, di pensieri, di noia... ma devo dire che mi ritrovo quasi irriconoscibile. Soprattutto se penso a tutte le volte che nella mia vita “normale” ho fatto il diavolo a quattro per un semplice imprevisto, per un dettaglio sfuggito al mio controllo...
Ora invece reggo bene, o almeno ci provo, questi tempi morti che sembrano infiniti a volte. E rispetto a solo un paio di settimane fa sono migliorata tantissimo.
Forse sto facendo pace con l'immobilità che tanto mi angosciava i primi giorni?

Fatto sta che scopro a metà giornata che non torneremo a casa ma dormiremo lì. Non c'è rete telefonica e sono quasi terrorizzata dalla possibile sistemazione notturna. Però basta attendere che tutti i rituali di saluto, di chai, di chiacchiere per me incomprensibili volgano al termine e scopro che dormiremo in un lodge (potrei tradurlo con hotel ma non è un hotel) che si rivelerà pulitissimo e pure dotato di una bacinella di acqua calda a testa (era dalla partenza da Marsabit che non vedevo un lavandino o qualcosa del genere, neppure per le mani), l'autista mi accompagna a metà di una collina per fare due chiamate e di lì il mio stato d'animo si rasserena...
Tempi lunghissimi, ma alla fine arriva l'ora di tornare a casa, mangiamo riso patate e capra (si, l'ho mangiata!) con le donne della parrocchia, carichiamo tutti quelli che chiedono un passaggio e ci mettiamo per strada... a meno di mezzor'ora da Maikona buchiamo una ruota (ok, succede spesso, se si è in 10 su un defender forse più spesso...). Si fa ritardo e così si coglie subito l'occasione per dormire di nuovo all'aperto a Maikona... sveglia alle 3.30 e arrivo a Marsabit alle 6.30... di questa decisione da ricovero mi è totalmente sfuggito il motivo. E quando alle 5, al buio per strada, scopro che l'unica ad avere una una torcia sono io (siamo in 8 in macchina e tutti aspettano che io la trovi nel casino della borsa), tutta la serenità e la pazienza conquistate in cima alla collina sono andate a farsi benedire. E sono tornata ad odiare tutti, come faccio tutte le mattine.

domenica 27 febbraio 2011

Foraward North Kenya


Sono tornata alla base, dopo quasi 2 settimane in giro... e devo dire che quasi mi mancava il mio letto sicuro a casa di Patrizia.
L'itinerario l'avevo previsto, insomma sapevo dove sarei stata, quello che non avevo per nulla previsto sono state le impressioni, diverse per ogni luogo!
Vi risparmio la pippa "ricerca", sono un po' al giro di boa, ma non è facile come poteva sembrare prima di partire... Per cui vi riassumo in breve.

Prima tappa: Maikona!
sono stati i giorni più critici credo. Un po' per l'atmosfera in missione, un po' per il primo spaesamento dato dal deserto.
Ho vissuto lì il caldo asfissiante pre-pioggia, non un alito di vento, aria irrespirabile e la notte è impossibile dormire. Poi d'improvviso, nel buio della mia stanza ho sentito la pioggia cadere violentemente sul tetto di lamiera. Ha piovuto tutta la notte e tutto il giorno dopo. E io bloccata in casa a guardare l'acqua fermarsi nel cortile.
Il primo impatto con il deserto, devo dire è stato forte... pur con la pioggia...
Pruttoppo dato che l'acqua era abbondante nel Chalbi, pochi Camels ai pozzi...

Seconda tappa: North Horr.
Si sale verso nord, sempre più vicini all'Etiopia e sempre più in mezzo al nulla... dobbiamo fare la strada più lunga, andare fin sotto le Hurry Hills e girare intorno al Chalbi che è impraticabile per via della pioggia dei giorni scorsi. strada sconnessa, caldo e polvere... e in più un paesaggio lunare che va da distese infinite di pietra nera lavica alla sabbia bollente. Qua e là qualche pastore con poche capre. Per il resto nulla...
North Horr è un osasi. Un posto che non ti immagini. Palme, capanne e piccole case in muratura... e qui l'acqua non manca. In missione trovo due preti tedeschi (Ft Hantony e Ft Hubert), Ft John che è un Kikuju ma ha l'accento inglese, una coppia dalla Bavaria che è qui per qualche giorno, Juergen e Angela (l'ho conosciuta a Marsabit a inizio febbraio). Mi sento a casa... lavoro e faccio inteviste. E la sera beviamo birra gelata guardando le stelle e parlando di Geddafi, Berlusconi, politica, dell'Italia, dell'Europa...
E' ufficiale che la chiesa di North Horr è la più bella che io abbia mai visto...

terza tappa: Loiangalani
Don Rinino passa per North Horr con un gruppo di Cherasco che è qui in Kenya per un paio di settimane. Mi caricano e per i giorni successivi viaggio con loro.
Sono tutto uomini e tutti potrebbe essere miei genitori, così vengo adottata e devo dire che sentirmi sicura per qualche giorno è stato molto rilassante. Per sicura intendo dire che per qualche giorno non ho dovuto abituarmi da sola alle situazioni, ma ho potuto condividere con questi piemontesi veraci le sensazioni e le insicurezze.
Loiangalani (sul lago Turkana) è un luogo paradisiaco, in missione c'è la piscina... nonostante ciò ho dormito poco, un po' per il caldo (sempre indescrivibile) un po' per una paura matta degli scorpioni... ancora mi sto chiedendo se salgono sui letti o no... stiamo un giorno sul lago Turkana, ci sentiamo in vacanza, anche se gli uomini aiutano il prede nei lavori in officina, e visitiamo pure Elmolo, un piccolo villaggio di ELmolo, l'etnia meno numerosa del Kenya.

quarta tappa: Kargi.
Se prima mi ero lamentata del caldo era solamente perchè non ero mai stata a Kargi.
Partiamo presto e ci lasciamo il lago Turkana alle spalle. attraversiamo nuovamente distese laviche di pietra nera per poi scendere nella savana... in macchina fa caldo e c'è polvere, ma viaggiamo bene!
Arriviamo a Kargi verso le 15... in quel momento, devo dire, sono quasi crollata. Il termometro nella veranda segna 40 gradi... alle 17.30 in cortile arriverà a 46. Non c'è acqua fresca, anche quella della doccia (che arriva da un tank di acqua piovana) è bollente. Beviamo the caldo... io continuo a sudare e penso veramente di non potercela fare... poi però la sera è scesa, il vento soffia e noi riprendiamo a respirare.
Di Kargi vi racconto solo della nostra visita ad una manyatta Rendille. Vi abita una giovane mamma che Don Rinino ha salvato da un'emorragia portandola fino a Marsabit e poi a Maralall... ci accolgono con gioia, la ragazza ringrazia Rinino, è commovente. E poi arriva lo suocero della giovane... è serio ma commosso, chiama le donne e le manda a indossare le collane di pelle e i vestiti delle grandi occasioni, ci porta di fianco al recinto sacro del clan e lì le donne iniziano a ballare/pregare per noi. Per ingraziare Don Rinino per aver salvato la giovane donna e per il lavoro che il gruppo di Cherasco sta aiutando a fare con i pozzi.

Da Kargi, dopo due giorni, siamo tornati a Marsabit dove ho ritrovato Patrizia e ho salutato gli italiani.
Ora devo riordinare le idee, riprendere dove ho lasciato la ricerca e seguire quel mezzo spunto che mi è venuto.
Sono quasi a metà del mio tempo qui. Non ho fretta, ma pole pole si avvicina aprile...

giovedì 24 febbraio 2011

piccolo post

Ciao bella pollastra!!!
Eccomi finalmente!
Qualsiasi cosa scriva a questo punto sembrá un inezia in rapporto al tuo viaggio, ma forse, anche se noioso, é un viaggio anche il mio.
Questa é stata una settimana delirante, mi chiedo spesso come farei se avessi anche il lavoro... Ho sempre 8.000 cose da fare (tra cui guardare la nonna che si é rotta un braccio), ma tutto sommato sto bene.
Ma non ho tanta voglia di parlare di me, ci vivo tutto il giorno con me stessa, che stufia...
quindi parliamo di te.
Leggere i tuoi post é sempre emozionante, scrivi cosí bene... mi sembra di sentire l'odore della polvere e il caldo del sole.. e gli elefanti che attraversano la strada... quindi ti ringrazio! Sono la tua fan numero Uno!!
E per la solitudine, beh, per quella non c'é antidoto data la distanza. Ma, se ti puó aiutare, io penso che, ogni tanto, un po' di sana solitudine giovi. È come l'acqua, ci pulisce e poi siamo piú belli e, se sappiamo rielaborare, anche migliori!
Sfrutta questi momenti (non sai quanto ti invidio!!!), fanne tesoro... e vivili!
Mi manchi tanto tanto!!!
baci
Livia

giovedì 17 febbraio 2011

Maikona

Ciao tutti,
sarò breve, sono bene cosa scrivere.
Gli ultimi non sono stati giorni facili. E devo dire che ho provato sulla pelle quella sensazione che sui manuali di scienze sociali e nei discorsi di professori e compagni viene detta la "solitudine del campo". Insomma mi sono sentita parecchio sola e un po' scoraggiata, ma poi piccole cose e nuove piccole scoperte mi hanno tirato su.
Sono a Maikona da martedì (credo) e qui ha persino piovuto, dopo un anno senza una goccia d'acqua... comunque il caldo straziante c'è comunque e sono felice di annunciarvi che non potevo che beccarmi la stanza più calda di tutta la missione.
Per coloro che sono già stati qui devo avvisarli che è cambiato molto il posto e, soprattutto la missione, ma quando torno credo che ne parleremo a lungo... Ho pensato molto a Tania, dopo un'ora che ero qui Ft Eugene mi ha subito messa prima a pulire e poi ai fornelli... (se non legge il blog avvisatela, almeno questo non è cambiato).
Vabbè, alla fine della fiera ho assoldato un operaio della missione e mi sono fatta accompagnare in town e fare un paio di interviste... sempre la solita solfa Muzungu, muzungo, credo che gli abbiamo chiesto tutti se fossi la sua nuova fidanzata... e vabbe!
Domenica è già un mese che sono partita... il tempo vola!
Per ora sono abbastanza soddisfatta di questi giorni qua. Anche se ci andrà un po' di tempo a capire cosa è andato storto e cosa no. Per ora le sensazioni sono vivide e forti e passano dall'esaltazione alla angoscia!
Ultimo aggiornamento in tempo reale: aspetto una macchina che oggi o domani mi porterà a north horr, altro centro abitato dai Gabra...
quindi vado a fare la borsa!

martedì 15 febbraio 2011

Piove

Scendi pioggia benedetta.
Scendi su questa terra rossa.
Scendi su queste strade polverose, sull'aridità di questo deserto.
Scendi pioggia benedetta.
Scendi su questa Terra, sulle nostre teste, sui nostri volti, sulle nostre labbra assetate.
Scendi e lava via le nostre paure.
Scendi, ricordaci che c'è un Cielo dietro le nuvole e che ci ama.
Un Cielo i cui progetti sfuggono alla nostra comprensione.
Un Cielo che ama i suoi figli, che li guarda vivere e soffrire,vivere e gioire.
Che li consola e mai li abbandona.
Scendi pioggia benedetta e lava via il dolore dei tuoi figli,
svuotali delle tragedie di questa vita e riempili della tua speranza.
Scendi forte, violenta, copiosa.
Scendi in fretta e apri i nostri occhi al sole che già è tornato dopo le nubi.
Dopo il buio, dopo la paura, i tuoni e i lampi della nostra esistenza.
Torna sole a scaldarci dopo l'inverno delle nostre vite.
Torna, splendi e facci risplendere alla tua luce.

Marsabit. Guardando la pioggia scendere e pensando a Carlo.

venerdì 11 febbraio 2011

c'est la vie!

Ci si mette in viaggio, ci si sposta. Io sono passata per 4 aereoporti e ho fatto un giorno intero di strada, prima di arrivare a destinazione.
Mi vengono in mente le fasi dei riti di passaggio, la distanza, il distacco, un tempo preciso di allontanamento per poi entrare in una nuova posizione, in una condizione umana e antropologica diversa. Forse e' questo che succede nei viaggi lunghi. Forse e' quello su cui riflettevamo l'anno scorso in Corsica, il battello ti porta lontano, mentalmente lontano, ti aiuta a compiere il distacco.
Ecco, io il distacco dalla mia quotidianita' e il tuffo nella condizione nuova, l'ho affrontato ormai quasi tre setimane fa.
Devo dire che non e' stato poi cosi' facile. La polvere rossa, le strade dissestate, il vento, il sole, la gente a volte invadente (tipo o fattoni a Isiolo...)... pensavo: tre mesi qui?? non sopravvivero' mai! Dove mi sono andata a ficcare? Maledetta Erika, tu e le tue idee brillanti...
Davvero, non riconoscevo Marsabit. E questo mi ha spaventata non poco.

Sono passati venti giorni e, devo dire, lo shock iniziale se ne e' andato cosi' com'era arrivato. E la grande scoperta e' che in ogni luogo esiste una quotidianita', una normalita' a cui ci si abitua, che si apprezza.
Ora Marsabit non mi sembra poi cosi' male e la polvere fa parte del gioco...

Un abbraccio. Se Dio vuole cambio casa per un po', vado nel deserto o North Horr o Maikona... altro shock in vista?

domenica 6 febbraio 2011

Gabraland


Ieri ho accompagnato Ft. Fred alla manjatta di Shegel, ad un'ora di macchina da Marsabit sulla strada per Maikona. Lui andava a dire messa e a trovare la comunità e così ne ho approfittato. Con noi sono venute anche Sister Anna Maria e una sua ospite (vestita da gran safari... vabbè magari delle scene che si è piantata vi racconto a voce... pazzesco come sappiamo confermare ogni stereotipo accollato a noi bianchi, no?). Comunque partiamo dopo pranzo, verso le 15, con un sole che spacca la mia testa già a Marsabit... metto giusto un po' di crema.
Dopo meno di mezzora \di salti e buche, la terra non è più rossa, ed è Chalbi. Il deserto.
L'impressione è quella di essere passati subito dopo un enorme incendio. Le pietre sono vulcaniche, nere quasi, qualche acacia qua e là e sterpaglie e rovi dappertutto. Nulla si muove se non la polvere che alziamo con la Toyota e i sacchetti di plastica che si impigliano da un ramo all'altro (la questione rifiuti qui non è ancora arrivata).
In lontananza colline che sembrano alzarsi dal nulla e che, contro luce, sembrano ombre di chissà che cosa. È la zona Rendille, verso Kargi, a ovest... a est un'alta cresta di pietra si alza in verticale, mentre davanti si vede in lontananza il riverbero della sabbia e del sale. È il Gabraland, che si estende da qui fino a Maikona, North Horr, Bada Hurri e via fino al confine con l'Etiopia.
Shegel è una largo spiazzo un meno petroso, usato come aeroporto sostitutivo quando a Marsabit c'è troppa nebbia per atterrare.
Ecco proprio qui alla nostra destra iniziano a vedersi gruppetti di tende Gabra. Lì in mezzo al nulla.
Una piccola chiesa di lamiera è stata costruita dai padri di Maykona e di fianco due stanze di lamiera sono la scuola e la casa del maestro... sotto la lamiera si cuoce, così due piccoli cortili, riparati da frasche secche e rami che fanno ombra, fungono da cucina della scuola e da classe per i 26 alunni... qualche sgabello e qualche cartellone. La scuola insomma.
Ci aggiriamo intorno alla chiesa, un po' spostata rispetto alla manjatta, la apriamo, apriamo le finestre. Nessuno esce dalle tende. Nulla si muove. Sembra di essere fuori dal mondo. Forse lo siamo.
Mentre Ft Fred si prepara per dire la messa, con Sister Anna Maria facciamo il giro della manjatta. Così per vedere com'è la situazione, le hanno chiesto di mettere su un servizio di dispensario e vuole dare un'occhiata alla situazione.
I bambini piangono, sono spaventati, le donne sono scontrose. Parlano solo borana, nessuno sa una parola di swahili, figuriamoci inglese. Sister distribuisce collirio e un medicinale per le orecchie, prova a spiegare come usarlo... intanto un gruppetto di bambini ci segue tipo corteo. Ma ci mettono un attimo a prendere confidenza, hanno paura a toccarmi le mani... poi però dopo un po' di yoya! Yoya! Si convincono che se so salutarli in borana e se gli sorrido non dovrei mangiarli... almeno credo sia andata così... mi toccano le mani, guardano la macchina fotografica che ho al collo e che tento di usare con discrezione. Ad alcune donne non vanno le foto e una prova anche a tirarmi una pietra...
Da parte mia faccio attenzione con la macchina e, assolutamente non ho caramelle con me, non mi va. Scherzo con i bambini e ci gioco, ma non sono un distributore. Non è lo stesso per chi mi accompagna e la cosa mi infastidisce un pochino. Le fotografie nelle tende mi sembrano un po' invadenti e forse non è l'atteggiamento migliore per entrare in rapporto con l'altro. Proviamo a pensarci durante la nostra vita quotidiana e proviamo ad immaginare se un paio di sconosciuti arrivassero e ci fotografassero... bah! Mi chiedo se avessi dovuto lasciarla a casa la macchina fotografica...
Dopo messa le cose migliorano. Le donne sembrano più distese... va a sapere. Magari loro hanno già avuto contatti con qualche missionario.
L'unico uomo è un anziano. Lo saluto in swahili, “habari baba”, e lui sembra stupirsi di tanta riverenza... comunque parla solo borana e amen! Gli altri uomini pare siano andati a vendicarsi di un raid subito da un gruppo Rendille il giorno prima. Quotidianità insomma. Effettivamente non ci sono animali nei kraal... ma potrebbero essere in giro alla ricerca di pascoli.
La manyatta si è spostata qui per motivi politici, non ho capito se è per controllare la terra o se per l'influenza di un politico locale che poi può dire di aver costruito una scuola... non ci sono pozzi e non c'è acqua... bah! Sono nomadi? Sono sedentari?
Dopo un paio di ore nel deserto ripartiamo. Io sono alla cocques, rossa come un pomodoro e più cotta della torta che Cristine ci ha preparato a pranzo.
Ripartiamo e continuo a chiedermi il perchè questa gente abbia deciso di fermarsi e di vivere in the middle of nowhere... e soprattutto come possano sopravvivere. Che esistenza conducono? E che senso ha?
Se volevate le questioni trascendentali, direi che oggi ve le ho servite...

venerdì 4 febbraio 2011

network si network no

Questo post l'ho scritto l'altro ieri all'internet point e proprio sul piu' bello la connessione e' sparita... vi giro quello che sono riuscita a salvare nelle bozze.
poi magari nei prossimi giorni verremo benedetti da una connessione decente...

Un abbraccio


Ciao!
ho detto troppo in fretta che avrei avuto una connessione stabile... da martedi' la luce va e viene e cosi' zero connessione... ora sono in uno dei due internet point di marsabit!!
non so bene cosa dire... per ora ho sperimentato un po' la vira quotidiana qui. Vado in ufficio da Darare al mattino... ho letto molto per la ricerca e questa mattina ho fatto la prima intervista...
Per il resto sperimento cose nuove e questo mi piace molto...
vorrei scrivervi su argomenti trascendentali, ma non saprei proprio (e i computer che sto usando non aiuta)
Magari vado per punti:

# Mark, dell'ufficio dell'acqua ha riso di me un quarto d'ora prendendomi in giro su berlusconi... non dico altro. pure qui i giornali parlano di noi...

# sono stata al ristorante!! pilau per tutti!

# vorrei avere una foto del boss provinciale dei comboniani che sfoggia una camicia fantasia con la foto del papa e lo stemma del vaticano... vorrei tanto!

# dico solo a luca che ho pensato a lui l'altro giorno... sono salita su un defender land rover che l'avrebbe fatto impazzire...

domenica 30 gennaio 2011

in viaggio!


wei!!
finalmente ho una connessione, questa settimana non mi sono ancora fermata un attimo.
Che dire? Riassumere tutto non è facile...
Dunque, il viaggio Torino - Nairobi è andato bene, ce l'ho fatta da sola e ho anche superato lo scoglio del visto. Alla faccia della mia privacy mi hanno preso foto e impronte digitali... comunque fuori dall'aereoporto c'era Patrizia e ho tirato un bel sospiro di sollievo. Una bella noia però viaggiare da sola...
A Nairobi sono stata giusto lunedì, il giorno dopo ci siamo messe in viaggio per Marsabit, ed è stata proprio un'esperienza del terzo tipo!
Prima tratta Nayrobi - Isiolo con un matatu (taxi collettivo), 5 ore senza scendere. Volevo cantargli "Guido, Guido dal cuore gentil..." ma tanto di autogrill qui non se ne parla. Abbiamo lasciato Nairobi e poi passato diversi tipo di paesaggi, fino a giungere quello polveroso e arido del distretto nord... Siamo scesi a Isiolo verso le 15 e qui abbiamo aspettato il pullman per Marsabit, orario di partenza 20,00.
Devo dire che è stato un bel tuffo in un mondo diverso... e poi Isiolo è un po' una cittadina malfamata e noi eravamo al gate dei pullman, figuriamoci. E poi io e Patrizia siamo bianche, soprattutto io che sono nuova, e quindi tutti avevano qualcosa da dirci... e per tutti intendo un sacco di uomini e giovani strafatti di un erba che masticano come il tabacco. Abbiamo pure mangiato chapati e sukuma wiki al ristorante...
Il pullman arriva e ci mettiamo tipo 2 ore prima di essere pronti, dobbiamo pure gestire un bel po' di ragazzi che vogliono aiutarci a caricare i bagagli in cambio di qualche scellino... alla fine il mio zaino e la valigia trovano posto in mezzo a sacchi di patate e chissaà cos'altro. Li ho tirati fuori in uno stato pietoso.
Il pullman viene caricato all'inverosimile, l'autista mastica quest'erba, fa caldo e c'è polvere, su una strada che è quel che è... ragazzi, ho dormito lungo il viaggio!!
Per riassumere, ci mettiamo 8 ore per fare 277 km...
In ogni caso ora sono a MArsabit. In questi giorni sono stata con i missionari laici che hanno avuto un meeting e così ora conosco un po' di persone sparse per la diocesi, il chè non è proprio male!!
Che altro dire? Bah, qui è così strano. A volte mi sembra di dover imparare di nuovo a camminare... ma piano piano sto prendendo il giro. Fa caldissimo, appena la foschia del mattino scompare, parte un sole che non dà tregua e che, unito alla polvere rossa che è ovunque, diventa un mix letale! Ho già la faccia bella rossa e le lentiggini sono uscite in meno di due ore... ieri ho dimenticato di mettere la crema e così sono fucsia sul collo...
Ok, scritto molto. Magari nei prossimi giorni condividerò altro.
Sono super invidiosa della giornata a torino con Tuba!! So che lì sta nevicando, Dio mi sembra impossibile... :)
Vabbè concludo dicendovi che ieri sera, sulla jeep con Patrizia, mentre tornavamo da Karare dove abbiamo accompagnato alcuni amici, tre elefanti in fila ci hanno attraversato la strada. Era il crepuscolo e questa immagine, dopo il lungo tramonto sul bush mi ha ripagata di tutti i piccoli disagi che sto affrontando. Guardando il profilo delle colline sparse sull'orizzonte, ho pensato che anche solo per vedere questo tramonto, valeva la pena tanta fatica!
Un abbraccio e non state in pensiero per me. Patrizia è, boh, indescrivibile e si sta prendendo cura di me con affetto. E da oggi sono nelle mani di Darare che, oltre ad essere una donna stupenda, è anche un'ottima tutor!
Baci!

mercoledì 26 gennaio 2011

cambio di immagine

Bon, ho deciso! Questo blog si trasforma (come accade a ció che vive..) in una finestra tra Tozzi e Tozzi (e forse lo é sempre stato). Ho deciso cosí perché fare un nuovo blog sembra porti sfiga e usare quello di Berlino non avrebbe avuto senso.
Naturalmente chiunque puó farne parte, anzi, deve! Ma io lo useró per comunicare con il Kenia, sperando che funzioni...

Dunque, ciao Tozzi!!!!
Com'é? Sei arrivata? Sei giá abbronzata e acclimatata? Sono curiosa...

Qui non succede mai niente di "grosso", una di quelle cose su cui ci si scrive un libro, per interdersi.. peró di cose piccoline si, ne accadono. Quindi ti racconteró quelle.

Il we di Fo.Ca é andato bene. Tu pensa che non mi sono incasinata nelle 3 ore di Branca, sono ancora un po' emozionata e orgogliosa di me stessa! Non mi sono impappinata, non li ho fatti annoiare troppo e sono stata propositiva (forse troppo!), che braaaaaaaaaava.

Di altro?
Beh, sono appena tornata da Torino con Tuba. Lui ha tenuto una lezione da somellier (é stato bravissimo, e ho persino capito qualcosa!) e io ho bevuto. Quando torni gli chiediamo di portarci entrambe... ciucca!!!!! Poi abbiamo preso da bere con Giulia che, povera gonza, é sola in alloggio.

A parte questo, niente di ché... che vita piatta, che piatta vita.

Ah, non vedo l'ora che sia domenica per andare a fare le foto in giro!!!! Se fará brutto cadró in depressione, ma speruma...

Ora tocca a te.
Ciao puzzi,
Livia