giovedì 25 febbraio 2010

lettera di una donna albanese a Berlusconi

Come donna non posso che indignarmi e condividere con voi queste parole.

Dalla scrittrice albanese Elvira Dones lettera aperta al premier Silvio Berlusconi in merito alla battuta del Cavaliere sulle "belle ragazze albanesi".
In visita a Tirana, durante l´incontro con Berisha, il premier ha attaccato gli scafisti e ha chiesto più vigilanza all´Albania. Poi ha aggiunto: "Faremo eccezioni solo per chi porta belle ragazze".
Questa "battuta" è passata sottotono in questi giorni in cui infuria la polemica Bertolaso, ma si lega profondamente al pensiero e alle azioni di uomini come Berlusconi e company. Pensieri ed azioni in cui il rispetto per le donne é messo sotto i piedi ogni giorno, non meno gravi (dal punto di vista etico) di quelli dei criminali che sfruttano le ragazze albanesi. Sono solo camuffate sotto gesti galanti o regali costosi.

"Egregio Signor Presidente del Consiglio,

le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi".
Mentre il premier del mio paese d´origine, Sali Berisha, confermava l´impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un´eccezione."
Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia.
Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un
difetto: rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede. Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E´ solo
allora -tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio. Ai tempi era una bella ragazza, sì. Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel "puttana" sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell´uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l´utero.
Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo "Sole bruciato". Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un´altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato. E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia. Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E´ una storia lunga, Presidente...
Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l´avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio. In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo.
In questi vent´anni di difficile transizione l´Albania s´è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente camminare a spalle dritte e testa alta. L´Albania non ha più pazienza né comprensione per le umiliazioni gratuite.
Credo che se lei la smettesse di considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci.

Elvira Dones

martedì 23 febbraio 2010

ancora questo link e poi giuro che la smetto con l'Iran...

Zahara's Paradise


Un scrittore persiano, un redattore ebreo e un disegnatore arabo collaborano in un progetto interessante. E' una serie a fumetti online a puntate che ripercorre le vicende iraniane dopo le elezioni del giugno 2009 attraveso la storia romanzata di un giovane che partecipa alle proteste con il governo di Ahmadinejad...

So che qualcuno dei "nostri lettori" è appassionato di fumetti, per cui mi è sembrato bello segnalarvi questo che, attraverso il disegno e la rete, porta fino a noi un punto di vista particolare e "originale" delle vicende di uno dei paesi che più saltano alla ribalta delle nostre cronache, spesso superficiali e poco approfondite...
se vi è piaciuto Persepolis di Marjan Satrapi (da cui è stato tratto il lungometraggio omonimo), sicuramente questo vi stuzzicherà...

sabato 13 febbraio 2010

Studiare storia dell'Iran a volte serve...

Vi segnalo questo articolo... se avete un attimo è molto interessante.
Si tratta della fatwa dell'ayatollah Montazeri, esponente del clero islamico sciita riformista, mancato lo scorso dicembre dopo anni di arresti domiciliari nella sua abitazione nella città santa iraniana di Qum. E' significativo quanto questo anziano ayatollah, che partecipò attivamente alla Rivoluzione Islamica del 1979 come delfino di Khomeini, abbia molto da dirci sul ruolo dei governanti e del popolo.

La fatwa di Montazeri


Buona lettura
erika

mercoledì 10 febbraio 2010

pellegrini per caso


Nelle ultime settimane continuo a pensare ad una serie di cose...
Tutto è iniziato quando l'ennesima persona che frequento mi dice che ha deciso di intraprendere il camminodi Santiago. Una persona mi ha ultimamente confidato di voler intraprendere un lungo cammino a piedi... altri hanno passato settimane di ritiro in luoghi impervi...
Sono scout, non è di certo un segreto, per cui non mi è nuova la "spiritualità della strada", non mi è affatto nuova l'importanza dell'essere pronti a partire. Ho sperimentato più volte la fatica come catarsi (catarsi??? di dice così?), il passo dopo l'altro come esercizio spirituale più o meno consapevole, la soddisfazione dell'arrivo alla meta è una delle sensazioni che più preferisco. Questo non lo metto in dubbio, anzi lo pratico e lo predico...
La domanda è: perchè Santiago de Compostela? Perchè tutti lì. Cos'ha di diverso da altre mete?
Perchè Santiago? E non invece la via Francigena verso Roma,rimanendo in tema degli antichi percorsi dei pellegrini medievali? Credo che ci sia un po' moda nella scelta di Santiago come meta di vacanze/viaggi alternativi. Ma sicuramente non è solo questo. La mia idea è che da una parte esiste un buon "pacchetto" condiviso da chi cerca un'esperienza spirituale e dall'altra una necessità reale di pacchetti di questo tipo. Santiago nello specifico rappresenta un buon esempio della versione "spirituale" di questi. Insomma, l'esperienza del pellegrino verso la cattedrale spagnola ha tutto in regola! Il pacchetto che offre consiste di varie componenti. Un lungo sentiero da percorrere a piedi, un lungo tempo in cui misurasi con se stessi, da percorrere in silenzio ascoltando il proprio respiro (che è poi il suono della forza primordiale all'origine della nostra esistenza), ascoltando il dolore dei piedi e delle spalle, osservando il creato. Un lungo cammino in cui si è nelle mani di coloro che si incontrano per strada, di coloro che ci accolgono o che ci respingono, in cui ci si affida al caso (sarà poi il caso?) che ci farà trovare cieli stellati, pomeriggi torridi o violenti acquazzoni... il camminare è da sempre metofara della vicenda umana, di ognuna delle nostre vite. Questo tempo sospeso ci permette di ritrovare quello che nella quotidianità passa inosservato, quello che ci perdiamo per strada... Altra componente è l'arrivo in un luogo "forte" , che si creda nelle reliquie di Santiago o meno. Un luogo in cui rielaborare l'esperienza appena vissuta, in cui tirare le fila e poi ripartire. E qui ci sarebbe da dire diverse cose sull'aderenza di quanto ho appena scritto con le fasi di molti rituali di passaggio (cfr Van Gennep), ma è un'altra storia...
Fatto sta che l'esperienza del pellegrino non è nuova, ha secoli di tradizione e se ne abbiamo ancora memoria e ancora lo pratichiamo, sicuramente il motivo non è futile.
Ma mi viene da pensare che esistono versioni secolari di questa esperienza. I famosi viaggi in Italia dei giovani inglesi in epoca vittoriana possono essere inseriti in esperienze di allontanamento dalla vita comune alla ricerca di un qualcosa che in essa manca. Questo qualche cosa è soggettivo... Il partire oggi per altri paesi, altri continenti, per fare esperienze "nuove", per vivere a pieno la propria vita, per lavoro, per spirito d'avventura, per trovare la propria strada, secondo me, è inseribile benissimo in questa categoria.
Si fanno lunghe ore di aereo per arrivare in Africa a misurarsi con realtà lontane dalla propria, spesso scomode, oppure si parte per gli USA e ci si misura con la propria autonomia, si va in Inghilterra, in Sud America... insomma gli esempi sono molti e in molti condividono il partire o l'essere partiti. Ci si mette in gioco radicalmente e lo si fa lontano dalla sicurezza del nostro mondo quotidiano...
Però mi chiedo, perchè ci si deve allontanare da casa per trovare tutte queste cose? Perchè ne sentiamo la necessità? Io un paio di ipotesi le avrei ma attendo qualche suggerimento...
P.S: Livia, sicuramente, rimarrà delusa da questo post... gliel'avevo anticipato come un po' più "piccante"... mi spiace, sulla parte accesa dei miei pensieri devo ancora meditare...