Ci si mette in viaggio, ci si sposta. Io sono passata per 4 aereoporti e ho fatto un giorno intero di strada, prima di arrivare a destinazione.
Mi vengono in mente le fasi dei riti di passaggio, la distanza, il distacco, un tempo preciso di allontanamento per poi entrare in una nuova posizione, in una condizione umana e antropologica diversa. Forse e' questo che succede nei viaggi lunghi. Forse e' quello su cui riflettevamo l'anno scorso in Corsica, il battello ti porta lontano, mentalmente lontano, ti aiuta a compiere il distacco.
Ecco, io il distacco dalla mia quotidianita' e il tuffo nella condizione nuova, l'ho affrontato ormai quasi tre setimane fa.
Devo dire che non e' stato poi cosi' facile. La polvere rossa, le strade dissestate, il vento, il sole, la gente a volte invadente (tipo o fattoni a Isiolo...)... pensavo: tre mesi qui?? non sopravvivero' mai! Dove mi sono andata a ficcare? Maledetta Erika, tu e le tue idee brillanti...
Davvero, non riconoscevo Marsabit. E questo mi ha spaventata non poco.
Sono passati venti giorni e, devo dire, lo shock iniziale se ne e' andato cosi' com'era arrivato. E la grande scoperta e' che in ogni luogo esiste una quotidianita', una normalita' a cui ci si abitua, che si apprezza.
Ora Marsabit non mi sembra poi cosi' male e la polvere fa parte del gioco...
Un abbraccio. Se Dio vuole cambio casa per un po', vado nel deserto o North Horr o Maikona... altro shock in vista?
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