Ieri ho accompagnato Ft. Fred alla manjatta di Shegel, ad un'ora di macchina da Marsabit sulla strada per Maikona. Lui andava a dire messa e a trovare la comunità e così ne ho approfittato. Con noi sono venute anche Sister Anna Maria e una sua ospite (vestita da gran safari... vabbè magari delle scene che si è piantata vi racconto a voce... pazzesco come sappiamo confermare ogni stereotipo accollato a noi bianchi, no?). Comunque partiamo dopo pranzo, verso le 15, con un sole che spacca la mia testa già a Marsabit... metto giusto un po' di crema.
Dopo meno di mezzora \di salti e buche, la terra non è più rossa, ed è Chalbi. Il deserto.
L'impressione è quella di essere passati subito dopo un enorme incendio. Le pietre sono vulcaniche, nere quasi, qualche acacia qua e là e sterpaglie e rovi dappertutto. Nulla si muove se non la polvere che alziamo con la Toyota e i sacchetti di plastica che si impigliano da un ramo all'altro (la questione rifiuti qui non è ancora arrivata).
In lontananza colline che sembrano alzarsi dal nulla e che, contro luce, sembrano ombre di chissà che cosa. È la zona Rendille, verso Kargi, a ovest... a est un'alta cresta di pietra si alza in verticale, mentre davanti si vede in lontananza il riverbero della sabbia e del sale. È il Gabraland, che si estende da qui fino a Maikona, North Horr, Bada Hurri e via fino al confine con l'Etiopia.
Shegel è una largo spiazzo un meno petroso, usato come aeroporto sostitutivo quando a Marsabit c'è troppa nebbia per atterrare.
Ecco proprio qui alla nostra destra iniziano a vedersi gruppetti di tende Gabra. Lì in mezzo al nulla.
Una piccola chiesa di lamiera è stata costruita dai padri di Maykona e di fianco due stanze di lamiera sono la scuola e la casa del maestro... sotto la lamiera si cuoce, così due piccoli cortili, riparati da frasche secche e rami che fanno ombra, fungono da cucina della scuola e da classe per i 26 alunni... qualche sgabello e qualche cartellone. La scuola insomma.
Ci aggiriamo intorno alla chiesa, un po' spostata rispetto alla manjatta, la apriamo, apriamo le finestre. Nessuno esce dalle tende. Nulla si muove. Sembra di essere fuori dal mondo. Forse lo siamo.
Mentre Ft Fred si prepara per dire la messa, con Sister Anna Maria facciamo il giro della manjatta. Così per vedere com'è la situazione, le hanno chiesto di mettere su un servizio di dispensario e vuole dare un'occhiata alla situazione.
I bambini piangono, sono spaventati, le donne sono scontrose. Parlano solo borana, nessuno sa una parola di swahili, figuriamoci inglese. Sister distribuisce collirio e un medicinale per le orecchie, prova a spiegare come usarlo... intanto un gruppetto di bambini ci segue tipo corteo. Ma ci mettono un attimo a prendere confidenza, hanno paura a toccarmi le mani... poi però dopo un po' di yoya! Yoya! Si convincono che se so salutarli in borana e se gli sorrido non dovrei mangiarli... almeno credo sia andata così... mi toccano le mani, guardano la macchina fotografica che ho al collo e che tento di usare con discrezione. Ad alcune donne non vanno le foto e una prova anche a tirarmi una pietra...
Da parte mia faccio attenzione con la macchina e, assolutamente non ho caramelle con me, non mi va. Scherzo con i bambini e ci gioco, ma non sono un distributore. Non è lo stesso per chi mi accompagna e la cosa mi infastidisce un pochino. Le fotografie nelle tende mi sembrano un po' invadenti e forse non è l'atteggiamento migliore per entrare in rapporto con l'altro. Proviamo a pensarci durante la nostra vita quotidiana e proviamo ad immaginare se un paio di sconosciuti arrivassero e ci fotografassero... bah! Mi chiedo se avessi dovuto lasciarla a casa la macchina fotografica...
Dopo messa le cose migliorano. Le donne sembrano più distese... va a sapere. Magari loro hanno già avuto contatti con qualche missionario.
L'unico uomo è un anziano. Lo saluto in swahili, “habari baba”, e lui sembra stupirsi di tanta riverenza... comunque parla solo borana e amen! Gli altri uomini pare siano andati a vendicarsi di un raid subito da un gruppo Rendille il giorno prima. Quotidianità insomma. Effettivamente non ci sono animali nei kraal... ma potrebbero essere in giro alla ricerca di pascoli.
La manyatta si è spostata qui per motivi politici, non ho capito se è per controllare la terra o se per l'influenza di un politico locale che poi può dire di aver costruito una scuola... non ci sono pozzi e non c'è acqua... bah! Sono nomadi? Sono sedentari?
Dopo un paio di ore nel deserto ripartiamo. Io sono alla cocques, rossa come un pomodoro e più cotta della torta che Cristine ci ha preparato a pranzo.
Ripartiamo e continuo a chiedermi il perchè questa gente abbia deciso di fermarsi e di vivere in the middle of nowhere... e soprattutto come possano sopravvivere. Che esistenza conducono? E che senso ha?
Se volevate le questioni trascendentali, direi che oggi ve le ho servite...
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