venerdì 4 marzo 2011

badha huri


Quella che doveva essere una breve gita a Badha Huri, giusto andiamo dormiamo e torniamo, è durata tre giorni.
Un po' a me era sfuggito qualcosa, un po' parlano tra di loro solo in borana e swaili e resto sempre all'oscuro di tutto, un po' l'imprevisto che non manca mai.
E così martedì partiamo già in super ritardo sulla tabella di marcia, io, Darare, Sis. Kelvin, Chuculiza, l'autista (ve lo racconto poi che tipo!) e la solita banda di infiltrati che riempe sempre ogni macchina che viaggia in queste zone. Destinazione Badha Huri (una zona collinare, Huri Hills appunto, oltre Maikona ad una cinquatina di km dal confine etiope) per un work shop con il nascente gruppo femminile della parrocchia.
A Maikona arriviamo che è quasi buio e così passiamo la notte lì, a casa di Darare, la quale estrae tre materassi e li piazza davanti a casa (mi sfugge ancora di chi sia poi sta casa) e su quei tre materassi mangiamo cena e ci passiamo la notte... devo dire che lo spettacolo delle stelle a Maikona è indescrivibile. Roba che pure a Balz se la sognano... e sotto queste stelle e accarezzati dal vento costante si dorme benissimo.
All'alba ripartiamo, lentamente ci lasciamo alle spalle il deserto di pietre e iniziamo a salire su colline ricoperte di erba secca, punteggiate di grandi alberi e di pietre scure. Un paesaggio bibblico direi. Con un vento fortissimo e costante che spazzola tutto. Il villaggio è povero, le case sono paglia o di fango (credo). Ma ci sono in giro un'infinità di bambini.
Una larga distesa d'erba di fa spazio tra i cucuzzoli delle colline, in lontananza si vedono già le cime etiopi. E infatti si vedono donne vestite con stoffe diverse e ci viene offerto injera... buona buona!
Per il resto i due giorni che passiamo lì sono lentissimi. Il work shop è tenuto in borana e quindi non capisco niente, faccio giusto due interviste e basta. Quindi penso, mi riparo dal vento, cambio posizione, leggo, provo a seguire le discussioni in borana, provo a parlare con l'autista che non ho ancora capito che lingua parli... cerco di usare le latrine il meno possibile (sto sperimentando tecniche sempre più avanzate per il controllo della mia vescica), tento invano di schivare il chai o il the nero che mi offrono dopo che ho detto che il latte mi fa stare male..
Diciamo che l'attesa è la dimensione che più spesso mi capita di sperimentare. Lunghe attese fatte di silenzio, di pensieri, di noia... ma devo dire che mi ritrovo quasi irriconoscibile. Soprattutto se penso a tutte le volte che nella mia vita “normale” ho fatto il diavolo a quattro per un semplice imprevisto, per un dettaglio sfuggito al mio controllo...
Ora invece reggo bene, o almeno ci provo, questi tempi morti che sembrano infiniti a volte. E rispetto a solo un paio di settimane fa sono migliorata tantissimo.
Forse sto facendo pace con l'immobilità che tanto mi angosciava i primi giorni?

Fatto sta che scopro a metà giornata che non torneremo a casa ma dormiremo lì. Non c'è rete telefonica e sono quasi terrorizzata dalla possibile sistemazione notturna. Però basta attendere che tutti i rituali di saluto, di chai, di chiacchiere per me incomprensibili volgano al termine e scopro che dormiremo in un lodge (potrei tradurlo con hotel ma non è un hotel) che si rivelerà pulitissimo e pure dotato di una bacinella di acqua calda a testa (era dalla partenza da Marsabit che non vedevo un lavandino o qualcosa del genere, neppure per le mani), l'autista mi accompagna a metà di una collina per fare due chiamate e di lì il mio stato d'animo si rasserena...
Tempi lunghissimi, ma alla fine arriva l'ora di tornare a casa, mangiamo riso patate e capra (si, l'ho mangiata!) con le donne della parrocchia, carichiamo tutti quelli che chiedono un passaggio e ci mettiamo per strada... a meno di mezzor'ora da Maikona buchiamo una ruota (ok, succede spesso, se si è in 10 su un defender forse più spesso...). Si fa ritardo e così si coglie subito l'occasione per dormire di nuovo all'aperto a Maikona... sveglia alle 3.30 e arrivo a Marsabit alle 6.30... di questa decisione da ricovero mi è totalmente sfuggito il motivo. E quando alle 5, al buio per strada, scopro che l'unica ad avere una una torcia sono io (siamo in 8 in macchina e tutti aspettano che io la trovi nel casino della borsa), tutta la serenità e la pazienza conquistate in cima alla collina sono andate a farsi benedire. E sono tornata ad odiare tutti, come faccio tutte le mattine.

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