mercoledì 10 febbraio 2010

pellegrini per caso


Nelle ultime settimane continuo a pensare ad una serie di cose...
Tutto è iniziato quando l'ennesima persona che frequento mi dice che ha deciso di intraprendere il camminodi Santiago. Una persona mi ha ultimamente confidato di voler intraprendere un lungo cammino a piedi... altri hanno passato settimane di ritiro in luoghi impervi...
Sono scout, non è di certo un segreto, per cui non mi è nuova la "spiritualità della strada", non mi è affatto nuova l'importanza dell'essere pronti a partire. Ho sperimentato più volte la fatica come catarsi (catarsi??? di dice così?), il passo dopo l'altro come esercizio spirituale più o meno consapevole, la soddisfazione dell'arrivo alla meta è una delle sensazioni che più preferisco. Questo non lo metto in dubbio, anzi lo pratico e lo predico...
La domanda è: perchè Santiago de Compostela? Perchè tutti lì. Cos'ha di diverso da altre mete?
Perchè Santiago? E non invece la via Francigena verso Roma,rimanendo in tema degli antichi percorsi dei pellegrini medievali? Credo che ci sia un po' moda nella scelta di Santiago come meta di vacanze/viaggi alternativi. Ma sicuramente non è solo questo. La mia idea è che da una parte esiste un buon "pacchetto" condiviso da chi cerca un'esperienza spirituale e dall'altra una necessità reale di pacchetti di questo tipo. Santiago nello specifico rappresenta un buon esempio della versione "spirituale" di questi. Insomma, l'esperienza del pellegrino verso la cattedrale spagnola ha tutto in regola! Il pacchetto che offre consiste di varie componenti. Un lungo sentiero da percorrere a piedi, un lungo tempo in cui misurasi con se stessi, da percorrere in silenzio ascoltando il proprio respiro (che è poi il suono della forza primordiale all'origine della nostra esistenza), ascoltando il dolore dei piedi e delle spalle, osservando il creato. Un lungo cammino in cui si è nelle mani di coloro che si incontrano per strada, di coloro che ci accolgono o che ci respingono, in cui ci si affida al caso (sarà poi il caso?) che ci farà trovare cieli stellati, pomeriggi torridi o violenti acquazzoni... il camminare è da sempre metofara della vicenda umana, di ognuna delle nostre vite. Questo tempo sospeso ci permette di ritrovare quello che nella quotidianità passa inosservato, quello che ci perdiamo per strada... Altra componente è l'arrivo in un luogo "forte" , che si creda nelle reliquie di Santiago o meno. Un luogo in cui rielaborare l'esperienza appena vissuta, in cui tirare le fila e poi ripartire. E qui ci sarebbe da dire diverse cose sull'aderenza di quanto ho appena scritto con le fasi di molti rituali di passaggio (cfr Van Gennep), ma è un'altra storia...
Fatto sta che l'esperienza del pellegrino non è nuova, ha secoli di tradizione e se ne abbiamo ancora memoria e ancora lo pratichiamo, sicuramente il motivo non è futile.
Ma mi viene da pensare che esistono versioni secolari di questa esperienza. I famosi viaggi in Italia dei giovani inglesi in epoca vittoriana possono essere inseriti in esperienze di allontanamento dalla vita comune alla ricerca di un qualcosa che in essa manca. Questo qualche cosa è soggettivo... Il partire oggi per altri paesi, altri continenti, per fare esperienze "nuove", per vivere a pieno la propria vita, per lavoro, per spirito d'avventura, per trovare la propria strada, secondo me, è inseribile benissimo in questa categoria.
Si fanno lunghe ore di aereo per arrivare in Africa a misurarsi con realtà lontane dalla propria, spesso scomode, oppure si parte per gli USA e ci si misura con la propria autonomia, si va in Inghilterra, in Sud America... insomma gli esempi sono molti e in molti condividono il partire o l'essere partiti. Ci si mette in gioco radicalmente e lo si fa lontano dalla sicurezza del nostro mondo quotidiano...
Però mi chiedo, perchè ci si deve allontanare da casa per trovare tutte queste cose? Perchè ne sentiamo la necessità? Io un paio di ipotesi le avrei ma attendo qualche suggerimento...
P.S: Livia, sicuramente, rimarrà delusa da questo post... gliel'avevo anticipato come un po' più "piccante"... mi spiace, sulla parte accesa dei miei pensieri devo ancora meditare...

4 commenti:

  1. Bè, che dire... Complimenti Erika!
    Penso che ti sia risposta da sola sul perchè: appunto per abbandonare il nido e le sicurezze e mettersi alla prova innanzitutto. Poi in un posto nuovo, con gente nuova, possiamo intravedere noi stessi attraverso occhi sconosciuti. Saremo accolti e giudicati imparzialmente e questo sicuramente ci dà modo di guardarci meglio dentro.
    Fabio

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  2. Penso che sia la voglia di confrontarsi con altro che non sia l'abitudine. Il voler affrontare nuove sfide che magari in partenza ci spaventano ma che una volta superate e vinte ci rafforzano e ci appagano.
    Il voler vedere cosa c'è altrove in questo enorme mondo pieno di persone diverse, modi magari per noi strani.Insomma arricchimento personale e ricerca di altro.

    Poi in realtà la risposta è già dentro di te...Perchè sei partita per l'africa e perchè ci vuoi tornare.

    L'uomo è viaggiatore e ricercatore per natura.

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  3. Mi inchino Erika. Complimenti per questo post così bello. Condivido molto di ciò che hai scritto e anche in parte quello che hanno risposto Fabio e Manu. Dare risposta alle ultime domande è difficilissimo.
    Andare via, lontano dai nostri paesi, America, Asia, ovunque noi vogliamo, può aumentare le nostre conoscenze, farci scoprire nuove realtà, nuove persone e a conoscere meglio le fortune o le sfortune del nostro paese. Senza dimenticarlo. Le persone che vedo importanti, con un anima, credo non dimentichino mai la loro terra e da dove sono nate. Sono sicuro che queste sapranno sempre emozionarsi e provare amore davanti ai loro sentieri, i loro paesaggi, le loro zone, ai racconti dei loro nonni e ai loro profumi. Credo che (a parte la Spagna che è stata, secondo me, rovinata dal discorso moda) ogni paese in cui noi decideremo di andare sarà quel tassello in più di esperienza, di cultura, di aiuto verso il prossimo o chissà...la destinazione della nostra vita.

    Se parliamo di un cammino invece la nostra destinazione o il luogo che sceglieremo sarà in secondo piano (non negativo!!..ci mancherebbe..rimando a cosa ho scritto sopra)
    Un cammino o anche una semplice passeggiata sono dentro di noi.
    Quando si respira profondamente, si fatica, si sente il peso di uno zaino, il paesaggio che vedremo sarà la nostra anima e il nostro cuore. I cartelli o le indicazioni, saranno le nostre domande e le nostre risposte che ci portiamo dietro in questa vita. Soli o in compagnia sarà sempre un insieme di momenti profondi per condividere problemi, fatiche o semplicemente esperienze quotidiane. Estero o no torneremo a casa arrichiti. Di quel qualcosa di spirituale, di mistico che ci fa crescere e diventare grandi.
    Spero di non avervi annoiato (sopratutto scusate l'italiano!!)
    Colgo l'occasione per proporvi una cosa che ho trovato un pò di mesi fà (non ne ero al corrente). Da Santo Stefano Belbo c'è la partenza per un cammino (se così vogliamo chiamarlo) fino a Savona passando per le Langhe e monti Liguri. Vorrei proporvelo come cammino di Pasqua. Al posto della solita pasquetta potremmo passare tre giorni (mi pare sia la tempistica da Santo Stefano a Savona) all'insegna di fatica, spirito, orientamento e tanto altro.

    P.S.: ho giudicato in base alle poche esperienze fatte che però mi hanno regalato molto.

    Respect

    Luca

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  4. Ciao a tutti,
    mi sa che ora tocca a me.
    Ho pressato un po' Tozzi a scrivere i suoi pensieri per poter finalmente intavolare un bel discorso. E le vostre risposte sono davvero interessanti.

    Tempo addietro ho letto che proprio nel periodo in cui Darwin portava a termine i suoi studi, un altro scienziato stava studiando le stesse cose e arrivando alle medesime considerazioni. Il caso? La sfiga?

    No, io penso che la questione sia un'altra.
    Penso che ci siano momenti nella storia in cui queste cose si verificano. Penso che ci siano istanti in cui le cose si manifestano perchè è quello il momento giusto, perchè le condizioni perchè esse accadono si sono create.
    E' una sorta di grande salto avanti (e qualche volta anche indietro...) dell'Umanità.

    Questo esempio non è paragonabile al nostro discorso, me ne rendo conto, ma ci dice delle cose.
    E' vero che i pellegrini esistono da tempi immemori e sono certa esisteranno per sempre. La voglia di confrontarsi con se stessi e con la natura, la voglia di partire e quella di ritornare "nuovi", il desiderio di riscoprire una "spiritualità" che è dentro noi e di conoscere altre mille diverse "spiritualità" nei nostri compagni di cammino...
    Tutto è già successo e succederà ancora...

    Io penso però che questo momento particolare della storia ci offra qualcosa in più.
    Ci chiama ad essere persone in cammino a prescindere dal viaggio che decidiamo di intraprendere, ci chiama ad essere testimoni.
    E, se è così, noi non camminiamo più solo per noi stessi e la nostra personalissima indulgenza che a casa possiamo scordarci con facilità. Diventiamo parte di qualcosa e siamo responsabili per gli altri.
    La vita che viviamo in cammino non smetterà quando torneremo, i piedi non smetteranno di dolerci, il sole di bruciarci, la vita di attraversarci intensamente.
    E' solo così che, a parer mio, il cammino può acquistare un senso e diventare uno stile di vita. Solo così i passi che abbiamo fatto saranno in grado di condizionare le nostre scelte e diventare utili anche per gli altri (forse anche fastidiosi a volte...)

    Detta così spaventa un po', ma rende così liberi...

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